13 Maggio 2019

“Combatto lo stupidume moderno e la società appiattita sul consumo con i volti e i versi dei poeti, da Pasolini a Sylvia Plath”: Simone Mestroni ha inventato “Città della Poesia”

Forse la poesia non cambia la vita. Ma incide con ustione di senso sulle vite. Simone Mestroni ha trent’anni, viene da Udine e combatte “lo stupidume moderno”, come lo chiama lui, con l’arte, con l’azione poetica, con i versi dei poeti e i loro ritratti. Il progetto “Città della Poesia” ha un valore didattico, certo, naturalmente estetico, ma soprattutto etico. Con i grandi volti dei grandi poeti e dei grandi scrittori sulle saracinesche dei negozi, sui muri, ovunque, Simone combatte il tempo presente, obbediente al diktat del consumo, prono al denaro, senza la drittura di una idea, di una identità. Per lo meno, di uno scatto verso l’ulteriore. Così, attraverso “Città della Poesia”, Simone Mestroni ha inondato Udine con i volti indelebili di Céline e di Prevert, di Pasolini e di Sylvia Plath. Un lavoro, dice lui, di “resistenza culturale” – e di cultura vera, visto che chiunque, a pieno impatto, a pieno viso, può affrontare, per strada, i poeti –, che ora esporta dove lo chiamano. D’altronde, da sempre, la poesia è lotta, è fuoco e fatalità.

Città della Poesia: un concetto bellissimo, quasi un ossimoro (siamo tentati di pensare che la città sia il regno dell’impoetico, nonostante i poeti si incontrassero in città). Come è nata l’idea, perché, come è concepita?

L’idea di creare delle gallerie d’arte poetica a cielo aperto nasce il primo maggio 2018. Guardandomi attorno notavo una società che non mi piaceva, appiattita su logiche di consumo, televisione spazzatura e perdita di valori e riferimenti. L’era del nichilismo, la definirebbe Nietzsche. Un progetto dunque che vada a controbilanciare una modernità mediocre presentando come contraltare volti e versi della letteratura. Questo si traduce in un metodo di insegnamento basato sul fascino, che permette alle fasce meno scolarizzate e popolari di avere un contatto culturale al di là di università, librerie e rimpatriate letterarie. Chi si imbatte nei miei autori, non conoscendoli, potrebbe approfondirne la biografia e scoprire libri ed opere che prima ignorava. Ne è un esempio mio padre. Camionista con la terza media, che oggi sa chi è Louis Ferdinand Céline, per esempio.

Con quali criteri hai scelto i poeti e gli scrittori? Secondo una tua scelta personale, ascoltando suggerimenti… come?

Per ora gli autori li ho scelti quasi sempre io. Soprattutto i privati, quando mi chiamano, si affidano ai miei consigli. Cerco pertanto di proporre personaggi noti, certo, ma che non godono di una fama smisurata. Ecco dunque che a Bukowski e ad Alda Merini, che io amo per carità, ho preferito proporre Sylvia Plath e Jacques Prévert. Tendo dunque a proporre autori da scoprire, rispetto a quelli stranoti, anche se talvolta faccio uno strappo alla regola.

Che riscontro ha avuto il progetto, come continua, come si regge, chi lo ha finanziato, che relazioni ha innestato?

Il progetto è nato come un atto di guerra verso un presente povero di cultura e volgare. A distanza esatta di un anno è diventato il mio lavoro. Tutto è cominciato con l’esposizione della mia idea ai commercianti del centro di Udine. Qualcuno ha aderito e successivamente la cosa ha preso piede. Ho cominciato gratuitamente e pochi mesi dopo ho iniziato ad interagire con i comuni. Il grande risultato di ciò non è tanto che mi permette di vivere, ma che si è creata una sinergia di persone che attraverso di me cercano di fare resistenza culturale.

Hai parlato di ‘resistenza culturale’: cosa intendi? La poesia può salvarci dallo sfacelo? Che potenza ha la parola del poeta nell’era oscura?

Per resistenza culturale intendo una trincea dalla quale difendersi dal nemico; in questo caso ‘lo stupidume moderno’, come lo chiamo io. La mancanza di uno scopo, l’inconsapevolezza del per cosa vivere. Ma dalla trincea si esce anche per controattaccare. Città della Poesia fa questo. Offrendo una contro proposta si dà alla gente la possibilità di scegliere cosa essere nella vita. Non credo che ci sia qualcosa che possa salvare il mondo. Io non sono interessato a salvarlo perché il mondo è troppo grande per essere afferrato. Se mi dicessero però, che Città della Poesia ha salvato un ragazzo, che tra cultura e Grande Fratello ha voltato le spalle al secondo, io posso ritenermi vincente. Credo che la potenza della parola del poeta non sia il nocciolo della questione. Come insegna Ezra Pound, la parola comunica il pensiero, il tono l’emozione. Il poeta è vincente per la potenza erotica che scatena; potenza erotica intesa come capacità di entrare nell’impianto affettivo della gente sia ben chiaro. Il poeta è più importante della poesia per quanto mi riguarda.

…e ora, cosa stai facendo, cosa farai? E cosa leggi?

Mi sto preparando per il mio primo intervento all’estero. Un hotel di Klagenfurt mi ha chiesto di dipingere sulla facciata esterna dell’edificio Ingeborg Bachmann. Città della Poesia infatti può essere qualsiasi luogo, non solo la mia città, perché oggi è il mondo che necessita di una trincea culturale, non solo il nostro sciagurato paese. Che libro tengo sul comodino adesso? Musica, di Yukio Mishima.

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