18 Marzo 2020

“Accetta la possibilità che un male incrini il tuo universo di certezze e lascia che passi”. Riflessioni su Apocalisse, Big Crunch, Ming lo Spietato e Coronavirus

17 marzo 2020, ore 00.00

173.344 di casi nel mondo, 6.610 morti.

7.700.000.000 di anime sulla Terra.

Non è la salute. È la paura di perderla. È l’onda anomala emotiva. Abbiamo visto troppi film postapocalittici scadenti.

Nell’antichità si aspettava con timore la fine del mondo, accompagnata da uno squillo di trombe, come il momento della resa dei conti. I chiliasti erano uniti nel terrore misto alla speranza del millenario regno di Dio e la Gerusalemme celeste. La scienza oggi ci suggerisce invece che la possibile fine naturale del nostro pianeta sarà a miliardi di anni di qui a venire e un ipotetico Big Crunch, che determinerà la cessazione dell’universo intero, ancora più in là nel tempo, avvenimenti con una giustificazione scientifica che di fatto azzera qualsiasi folkloristica previsione fatta di cavalieri con la trombetta e angeli e giardini con vergini saltellanti, sorgenti d’acqua fresca e pacificazione dello spirito. Certo, esistono innumerevoli e affascinanti teorie scientifiche sul destino dell’universo, tutte lì in bell’attesa di prova sperimentale, dall’idea di universo ecpirotico a quella di inflazione eterna, dalla teoria delle bolle e dell’universo oscillante alla morte termica dell’universo, al multiverso e tutto quello che vi pare. Invece, dopo l’Apocalisse nella tradizione giudaica, cristiana e islamica, si attuerà la fine escatologica del mondo, le anime saranno smistate, i misteri disvelati. Qui la prova sperimentale non è richiesta. Insomma alla fine sapremo finalmente della natura del paradiso e dei misteri divini e del destino degli uomini. Ma non sulla Terra, perché la Terra non ci sarà più. Per tutti, uomini di fede e di scienza, la Terra non ci sarà più. Per quelli di fede qualcosa di nuovo e migliore ci attende, dove non ci lasceremo vanamente gonfiare la mente carnale. Dio nel giudizio universale finalmente darà a chi se lo merita un bel destino e agli altri l’inferno. Dal purgatorio, quella località dove albergano i defunti ancora in attesa di una sentenza, si uscirà e si verrà giudicati, probabilmente senza un processo equo. Per quelli di scienza, per contro, ci sono il nulla o teorie indimostrate, tanto bizzarre quanto quelle della fede.

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La trasformazione del mondo, perché poi è di questo che nell’Apocalisse si tratta, è l’avvenimento che la religione prevede non prima che tutti i segni si siano rivelati, e questi segni sono tra i più indecifrabili di tutte le scritture, ma siccome il testo va interpretato, il simbolismo in esso contenuto deve essere compreso all’interno del contesto storico-letterario e sociale nel quale è stato scritto: oggi molto pragmaticamente lo consideriamo semplicemente il frutto del suo tempo, e non ci riguarda. E la scienza prevede la fine di tutto fra miliardi di anni e quindi neanche questo ci riguarda, perché per la scienza siamo qui da troppo poco tempo e tra miliardi di anni probabilmente saremo già bell’e che spariti, proprio come per acciacco siamo arrivati. Nella cultura di massa contemporanea il mondo invece mica finisce, solo rischia di finire, anzi, rischia semmai l’umanità, perché è cattiva e il mondo lo tratta male. Il mondo pop, o mondo contemporaneo, quello della gente, hic et nunc, è minacciato adesso e si devasterà tra poco, molto più presto di quel che siamo capaci a sopportare, per via di un complotto malvagio, un terrorista senza scrupoli, di scimmie che si umanizzano e ci schiavizzano, degli alieni o di un virus, ma resterà, e i pochi, molto pochi, sopravvissuti lo percorreremo sbandati e miserabili, dando sfogo alle peggiori porcherie di cui come uomini siamo capaci, in un paesaggio senza legge e senza morale. Questa cosa ci fa più paura dell’Apocalisse, o del Big Crunch, perché è adesso, imminente nella nostra letteratura quotidiana, nelle nostre vicende ecoinsostenibili, bucozoniste, fukushiane e virulente ed esclude la possibilità di salvezza per i buoni di spirito. Il male coglierà tutti, indistintamente, indipendentemente dalla qualità delle loro azioni nel tempo in cui il mondo era aggiustato. Unica speranza pop è l’eroico eroe che godrà della redenzione universale, dell’apocastasi come forma di pessimismo rassicurante. Sopravviverà e costituirà il germoglio palingenetico e abiterà sulla Terra desolata e sarà suo, dell’eroico eroe, il compito di ricostruire un mondo felice, ripopolarlo.

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Ma nella realtà sembra non esserci un eroico eroe pronto per noi adesso. Siamo in preda al panico perché impreparati e terrorizzati di perdere la nostra misera vita. Non quella degli anziani infetti, già sfiancati dai mali che naturalmente sfibrano col passare degli anni il corpo consumato di ciascuno. Quello è solo lo spauracchio che ci ricorda l’inconsistenza della carne. Vedere i numeri dei morti, guardare gli anziani morire ci fa rabbrividire, ma muoiono sempre e non ci piace guardare e ora siamo costretti a leggerli quei numeri, che appaiono in ogni dove, non c’è scampo, respice post te, hominem te memento. Non guardiamo in faccia il sole perché sappiamo che ci accecherà, non guardiamo in faccia la morte perché ci dà la consapevolezza della caducità e questa consapevolezza vanifica ogni desiderio vitale, ogni arte, ogni progresso, azzera l’idea d’azione, ci pone in mesta attesa dell’ineluttabile.

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Perché allora questi numeri rimbalzano così ferocemente nonostante l’istinto, ora che ve n’è occasione? Forse per la perversa voglia di essere ascoltati, seguiti, di essere primi a dire le cose per poi rinfacciarle a tutti gli altri? Te l’avevo detto come magra consolazione? Oso dare la responsabilità ai quindici minuti di notorietà che oggi sono di fatto un inalienabile diritto. E per tirare in ballo il signor Eco, mi sento d’affermare che la rete non ha solo aperto i cancelli a quelli che prima avevano solo il bar come platea – che sarebbe cosa sacrosanta perdìo, se ne facesse una ragione, ma chi cazzo si credeva d’essere? – ma anche limato a lamina sottile e liscia il pensiero cosiddetto alto, che ormai gareggia zoppo e gregario contro una girandola vorticante di opinioni tanto fantasiose quanto deleterie, ma perde e perderà perché è il mondo moderno e oggi viviamo così. Cane mangia cane. Click mangia click.

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Transeat. Non vuol certo dire metti la testa sotto la sabbia. Non vuol neanche dire non fare nessuna cosa, vuol dire letteralmente lascia che scorra, implicitamente, accetta. Accetta la possibilità che un male, per oggi oltretutto di media caratura, incrini il tuo universo di certezze e lascia che passi. Canta transeat Francesco de Gregori, quando prega Gesù bambino che la guerra “sia pulita come una ferita piccina picciò, che sia breve come un fiocco di neve e fa che si porti via la malamorte e la malattia, fa che duri poco e che sia come un gioco”

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Oggi, figli legittimi e orgoglioni della cultura della scienza, desideriamo, anzi, esigiamo di poter dilatare il nostro tempo, contrastare la fine del mondo, che essa avvenga attraverso una piaga o una catastrofe ambientale, un morbo terrificante o addirittura per l’avvento di qualcosa di deleterio venuto da lontano, dallo spazio. Allora moltiplichiamo gli eroici eroi moderni, da Flash Gordon che sconfigge il malvagio Ming del pianeta Mongo che con la Terra ci vuole solo giocherellare prima di annientarla, come certi bambini dan fuoco ai formicai, a Bruce Willis/Harry S. Stamper che ferma un meteorite o Greta della valle del vento, che però da qualche giorno lotta solo online. Il professor Burioni è il nostro paladino della scienza. Nuovo guru, e gli eroici infermieri, angeli del nostro destino, indefesse truppe delle sale di rianimazione, i suoi soldati, e crediamo nelle sue e di altri come lui parole senza spesso comprenderne il significato, ma chi del resto nell’antichità capiva il linguaggio criptico dei teosofi? La fede nella scienza ci fa credere di poter contrastare qualsiasi male.

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Attenzione però: non è sfiducia nella scienza la mia. Sono perfettamente a mio agio con l’idea di vaccinare le persone, di curarle come si può, dell’uomo sulla luna e della Terra sferica, del fatto che mangiamo male e scoreggiando troppo facciamo gas che bucano l’atmosfera. Mi diverte altresì l’idea della meccanica quantistica come disciplina speculativa, non lontana dalla speculazione filosofica. L’indimostrato non è ancora di nostro appannaggio, forse non lo sarà mai o forse tra pochi minuti, ma è nella nostra natura cercare di fare luce su ciò che non conosciamo. Investire le nostre risorse per spingerci laddove nessun uomo è mai arrivato prima. È nella nostra natura lottare per sopravvivere. Il punto è stabilire che armi sono le più opportune per affrontare la lotta. Siamo nelle mani del dictator, gli è stato conferito summum imperium, tiene le redini e impone il sacrificio per il bene comune, chiede una nuova “giornata della fede”. Oro alla Patria!

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Transeat dice Boris Johnson e viene dileggiato.

Nei prossimi mesi sapremo se nel Regno Unito saranno morte tante persone quante nel resto del mondo o enormemente di più.

Allora sapremo se il nostro sforzo di contrastare la morte è stato vano oppure efficace.

E se il mondo ci sarà ancora.

Ah, no, dimenticavo: il mondo ci sarà ancora e lo ripopoleranno gli eroici eroi.

Pietro Geranzani

P.S. Leggo fra le notizie della settimana che è morto a Milano, con il coronavirus nel sangue, l’illustre architetto Vittorio Gregotti, RIP. Aveva 92 anni ed era ricoverato per una polmonite.

Ora mi chiedo: è morto di coronavirus o di novantaduite?

*Le opere che corredano l’articolo sono di Pietro Geranzani

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