02 Settembre 2020

“La scuola ha bisogno di maggiore considerazione e di essere liberata da una burocrazia asfissiante. Invece la scuola viene sempre dopo…”. Dialogo con Andrea Franzoso

Una donna in preda alle doglie, mentre torna a casa, viene uccisa da una pattuglia di nazisti. Si contorce dal dolore, chiama a sé il figlio Franco, poi muore. La potente e tragica immagine con cui si apre Viva la Costituzione di Andrea Franzoso (appena uscito per De Agostini, con prefazione di Gian Antonio Stella e postfazione di Salvatore Settis) lascia spiazzati. Perché non ti immagini che ci sia una brutalità più feroce e spietata di uccidere una donna che sta per mettere al mondo un bambino. Eppure è successo.

Franco Leoni Lautizi che, all’epoca, aveva cinque anni e mezzo, è uno dei pochi sopravvissuti all’eccidio di Monte Sole, conosciuto come la strage di Marzabotto. Fra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944 furono massacrati 216 bambini, in tutto 770 persone. Che cosa ci insegna questa pagina di storia? Andrea Franzoso, dopo #disobbediente! Essere onesti è la vera rivoluzione (sempre edito da De Agostini), si immerge in una ricerca a tappe a partire dalle ferite più tremende della nostra storia. Ne esce un libro per ragazzi, a più voci, tra riflessioni di esperti e testimoni, che esplora le parole-chiave della nostra Carta Costituzionale, ovvero Memoria, Democrazia, Repubblica, Costituzione, Lavoro, Diritti, Solidarietà, Uguaglianza, Minoranze, Confessioni religiose, Cultura, Paesaggio, Straniero, Pace, Tricolore, Libertà, Famiglia, Scuola, Salute e Resistenza. Detto così potrebbe sembrare un film già visto. Ma il pregio del libro sono proprio le testimonianze messe a contrappunto con la spiegazione dei temi caldi della Costituzione, storie decisamente forti, illuminanti, a volte poco conosciute e certamente da conoscere.

Lo scopo dell’opera è senz’altro dare dignità all’Educazione Civica, da sempre materia ancillare, dimenticata (non da tutti) nel suo polveroso angolino. Allora lo chiedo direttamente all’autore: perché ci siamo dimenticati per strada l’Educazione Civica?

“Ricordo ancora il libro di Educazione Civica, che avevo alle medie, sul finire degli anni Ottanta: copertina beige, foto in bianco e nero, nient’altro che un bigino di diritto costituzionale. Una noia mortale, non solo per noi ragazzi, ma persino per la povera professoressa che doveva ritagliare qua e là qualche ora. L’obiettivo che mi sono posto con questo libro è spiegare la Costituzione attraverso la narrazione: personaggi, storie vere, testimonianze. L’educazione civica non può essere intesa come una mera trasmissione di nozioni, da mente a mente, ma deve coinvolgere i sentimenti, le emozioni. Si deve lavorare di empatia, più che di teoria. In un’ipotetica riforma della scuola, metterei ai primi posti il teatro, dalla primaria alle superiori. Così l’educazione civica la potremmo non solo insegnare, ma inscenare. Pensi al valore di far recitare ai ragazzi l’Antigone di Sofocle”.

Ma l’Educazione Civica è così importante (della serie predicare bene e razzolare male)?

“Che sia importante lo sappiamo tutti. Lo dicono persino coloro che, nei fatti, razzolano male. È importante come si insegna l’Educazione Civica. E anche chi la insegna, per il valore che ha l’esempio. I ragazzi ci mettono un istante a “pesare” un insegnante, ad accorgersi dell’ipocrisia e dell’incoerenza, quando ci sono”.

Non sono troppo forti alcune delle immagini che presenti nel libro per un pubblico così giovane?

“Ai ragazzi si può raccontare una storia forte con delicatezza. Sapranno coglierne il messaggio più profondo”.

È ciò che avviene, per esempio, con la storia che apre il capitolo Pace. Il protagonista, Vito Alfieri Fontana, era un fabbricante di armi proprietario della Tecnovar di Bari, azienda specializzata nella costruzione di mine antiuomo. A inizio anni Novanta, una semplice domanda posta a bruciapelo dal figlio Ludovico di otto anni lo mette in crisi e lui decide di cambiare vita: chiude la fabbrica e indossa i panni dello sminatore per conto della ong Intersos. E, per i successivi vent’anni, si occupa di sminare campi di morte in Bosnia. Un altro esempio di un personaggio che cerca di disinnescare le mine antiuomo è don Gino Rigoldi, dal 1971 cappellano del carcere minorile Cesare Beccaria, una delle voci che danno corpo al volume. “I miei ragazzi hanno bisogno di un adulto che li ascolti senza giudicarli. Si conoscono così poco, non hanno stima di sé, e non riescono a immaginarsi il futuro. Per un adolescente è importante avere dei riscontri positivi, sapere di valere agli occhi di un altro, di essere amato… Il più delle volte, invece, trovano adulti – compresi i familiari – che li insultano: “Fai schifo”. E si convincono che è così”. Nel capitolo sulla “Scuola” c’è una testimonianza importante, quella dei Maestri di strada che, a Ponticelli, periferia orientale di Napoli, quotidianamente sfidano il destino di giovani senza scampo. Come già aveva fatto con #disobbediente, Andrea Franzoso, con la semplicità di un discorso rivolto ai ragazzi, interroga la nostra coscienza. Nel libro Il disobbediente, nato come libro per adulti ma trasformato in un libro per ragazzi dai 9 ai 14 anni, Andrea Franzoso metteva nudo la sua vita, da ragazzino esile e preso di mira dai bulli a uomo che ha deciso di denunciare un capo che rubava, subendo tutte le conseguenze del caso: l’isolamento da parte dei colleghi, la perdita di un posto di lavoro… Insomma: la domanda resta sempre la stessa. A che cosa sono disposta a rinunciare per l’onestà? E, poi, a che cosa mi serve avere un’educazione civica?

“A imparare a stare al mondo, a convivere con gli altri. E a passare dall’essere “sudditi” a “sovrani”, come insegnava don Lorenzo Milani. Non serve avere dei diritti se poi non sappiamo farli valere. O, peggio, se non sappiamo neppure di averli. E dobbiamo conoscere anche i nostri doveri, per costruire relazioni sane con gli altri. I doveri rappresentano la nostra responsabilità nei confronti del prossimo, della collettività, di chi verrà dopo di noi, dell’ambiente, e anche di noi stessi. Il senso civico è il sentimento di appartenenza a una comunità, che ci permette di passare dall’egoismo e dal tornaconto personale alla solidarietà, al Bene Comune”.

A parte i famigerati banchi con (e senza) rotelle, che cosa servirebbe davvero alla scuola italiana?

“Maggiore considerazione. Invece la scuola viene sempre “dopo”: persino dopo le discoteche aperte a Ferragosto. La scuola ha bisogno di essere liberata da una burocrazia asfissiante. Ha bisogno di risorse, di investimenti: sia nelle infrastrutture – gli edifici scolastici, spesso indecorosi, dovrebbero essere trasformati in luoghi belli, luminosi, circondati dal verde – sia nel personale. A fare gli insegnanti, dovrebbero essere scelti i migliori. Purtroppo, sindacati e governi, negli anni, si sono preoccupati più dei posti di lavoro nella scuola che del bene dei ragazzi che vanno a scuola. Sarebbe bello se i laureati più capaci scegliessero di fare gli insegnanti invece che i manager in una multinazionale. Ma bisogna creare le condizioni perché ciò avvenga. A maestri e professori dovrebbe essere riconosciuto il loro valore, anche dal punto di vista economico: non possono guadagnare meno di un impiegato o di un operaio specializzato. E chi non merita, chi non sa insegnare, va allontanato. Tuttavia, nonostante le scarse risorse e i mille problemi che conosciamo, durante i miei incontri nelle scuole, mi stupisco di trovare sempre così tanti insegnanti bravi e appassionati, che hanno a cuore il futuro dei nostri ragazzi”.

Linda Terziroli

Gruppo MAGOG