29 Maggio 2020

“Io sono come la lupa, me ne vado da sola e rido del branco”. Alfonsina Storni, l’inevitabile. Cinque libri per conoscerla

Fu un’amazzonia di suicidi. Borges lo simulò, il suicidio, nel 1940, all’Hotel Las Delicias di Adrogué. Dall’angoscia trasse materia per un racconto immateriale, traslucido, dei suoi. Lei andò fino in fondo, invece. Nonostante la sua indelicatezza. Su “Martín Fierro”, rivista in cui pubblicava la ‘crema’ di allora, Borges scrisse che la sua era poesia confessionale, cioè imprecisa, poco colta, di diffuso sentimentalismo. Siamo nel pieno nei Venti, lei lavora come giornalista sotto pseudonimo, ha successo. Finalmente. Alfonsina Storni, nata il 29 maggio del 1892 in Canton Ticino – sia lode alle edizioni Casagrande che ne editano l’opera per noi poveri italici; Senza rimedio è edito da Le Lettere – atterra in Argentina a quattro anni. Nella vita fa di tutto: dalla lavapiatti all’attrice di teatro, dalla cassiera alla cameriera. Nel 1912 nasce il figlio, da padre ignoto, e lei si arrangia, ‘ragazza madre’ sulla scia dei versi. La poesia le offre l’agognato riscatto: conosce Gabriela Mistral e García Lorca, è amica intima di Horacio Quiroga, che la fa finita nel 1937. L’anno dopo, in un albergo di provincia, ai margini di Buenos Aires, si ammazza anche Leopoldo Lugones, suo mentore e amico. “Io sono come la lupa. Me ne vado sola e rido/ del branco. Mi guadagno il cibo ed è mio/ dovunque sia, poiché ho una mano/ che sa lavorare e cervello sano”, così si raffigurava, Alfonsina, in un cammeo lirico. “Morire come te, Horacio, con la tua/ follia,/ proprio come nelle tue storie, no/ non è male”, ha scritto di Quiroga. Nel 1935 le diagnosticarono un tumore al seno. Scelse il mare per morire. Era ottobre, 1938. Inviò una poesia a “La Nación”. “Vado a dormire…/ Metti una lampada sul letto/ una costellazione, quella che preferisce:/ tutte vanno bene; abbassala un poco”. Era a Mar del Plata. Pigliò l’oceano, come se potesse fenderlo ed esaurirlo – si inabissò. A “una delle poetesse più rilevanti del XX secolo”, “La Nación” dedica uno speciale, firmato da Daniel Gigena, indicando alcuni libri importanti. Eccoli.

Ocre (1925). “È il punto di svolta nella poesia della Storni, che si distingue, qui, per poesie molto personali, con un tono ovattato di denuncia. All’epoca la Storni era già un personaggio ‘pubblico’, aveva ricevuto alcuni importanti premi di poesia”.

Poemas de amor (1926). “Le poesie possono essere lette come racconti o cronache in prima persona, in cui l’accento passionale ed erotico contrasta con le convenzioni letterarie e sociali dell’epoca. Alcune poesie affrontano questioni come l’intimità femminile, il divorzio, l’esperienza di una ragazza madre. L’autrice ha giudicato quei testi, ‘una lacrima delle tante lacrime di occhi umani’”.

Alfonsina Storni. Una biografía esencial di Josefina Delgado (2001). “Un libro importante per conoscere la vita e il lavoro di scrittrice, drammaturga, poetessa di Alfonsina Storni. ‘Se Victoria Ocampo, appartenente alla classe sociale più alta e potente in Argentina, ha dovuto rinunciare a essere madre e a sposare il suo amante, Alfonsina Storni, povera, orgogliosa, lavoratrice, ha risolto da sola questioni che per molte donne hanno coinciso con una vita frustrata’, scrive l’autrice”.

Alfonsina y los niños. Teatro infantil (2013). “Le opere teatrali di Alfonsina Storni, che fu direttrice del Teatro Infantil Municipal, sono meravigliose. I testi per i bambini, oltre alla qualità letteraria, si segnalano perché vincono gli stereotipi sociali del tempo, ragionano sul ruolo delle donne, affrontano questioni legate all’educazione sessuale”.

Nosotras y la piel (a cura di Mariela Méndez, Graciela Queirolo, Alicia Salomone; 2005). “Il volume raccoglie gli articoli pubblicati dalla Storni tra il 1919 e il 1921. Sotto forma di recensioni sull’ambiente letterario, testimonianze, interviste, si ascolta la voce critica della femminista, la sensibilità della poetessa. Trasgressiva e ironica, la Storni affronta i pregiudizi sociali del suo tempo”.

Gruppo MAGOG