10 Maggio 2020

“Esiste un varco con l’aldilà, una porta che si apre in un regno che non conosciamo affatto?”. Il Covid 19 e Madame Blavatsky. Un racconto di Alessandro Moscè, “Il vaccino viene da lontano”

Jonathan Bassoni, insegnante liceale, una volta leggeva le previsioni meteo nel telegiornale di un’emittente privata per guadagnare quattro soldi. Erano gli anni Novanta e doveva ancora finire gli studi universitari del corso di laurea in Letteratura. Si metteva una giacchina celeste che gli stava stretta sulla vita, si pettinava con la riga da una parte, si spargeva un po’ di gel e aveva i suoi tre minuti a disposizione. Gli davano in mano un foglio che proveniva dall’Aeronautica e una cartina geografica dell’Italia e delle Marche in particolare. Doveva semplicemente indicare dei punti cardinali e avvertire l’utenza dei segnali di cambiamento dalla notte all’alba: tramontana, alta pressione, precipitazioni nevose, sole, mare mosso ecc.

Si affaccia dal balcone della sua casa in collina e la città gli sembra metafisica: un quadro di Giorgio de Chirico, il maestro che dipingeva il silenzio e grandi vuoti, oltre che monumenti con un nuovo aspetto. Vecchi ruderi che non servono più, eppure affascinanti nella loro dimensione, nelle fattezze surreali. Jonathan punta il campanile della chiesa di San Domenico che svetta e non suona, abbandonato nella sua eleganza con la croce offuscata da strisce sottili di nebbiolina.

L’insegnante crede non solo nella scienza atmosferica. Ci sono altre tensioni e dinamismi che decidono l’andamento quotidiano ad alta quota, tra i cieli, e nel sottofondo marino degli oceani. Una sorta di avvio cosmico, un motore che non si aziona per caso. La terra decide di opporsi al comportamento dell’uomo. Jonathan è sorpreso soprattutto dalle ondate eccessive di calore o di freddo e dalla siccità, che vanno ad interferire con le risorse idriche e distruggono la vegetazione.

Adesso è più che mai convinto che la foresta amazzonica non possa continuare a bruciare senza che si verifichi una reazione, perché gli effetti delle politiche di deforestazione sono, di fatto, devastanti. Ha letto sul “Corriere della Sera” che la stima dei roghi nel Sud-America equivale a tre campi di calcio al minuto. Gli ambientalisti accusano gli allevatori. La foresta è situata per circa il 65% in Brasile, ma si estende anche in Colombia, Perù, Venezuela, Ecuador, Bolivia, Guyana, Suriname e Guyana francese. Tra il 19 e il 25 agosto 2019 sono scoppiati più di tremila incendi.

Ora è arrivata la pandemia di Coronavirus proveniente dalla Cina, dovuta, probabilmente, alla reticenza sui numerosissimi casi di questa Repubblica Popolare che non ha immediatamente allertato l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Gli ambientalisti riferiscono che l’effetto serra, la mancanza di ossigeno, il petrolio consumato, come altri combustibili, determinano un violento impatto sulla terra. I profeti tibetani che abitano i “territori degli dei e degli irati” hanno parlato di una sterminata pestilenza, di una catastrofe universale, della fine del primo ciclo umano: una tragica profezia.

I pipistrelli sono animali inquietanti, notturni. Appesi a testa in giù come topi con le ali, ci hanno sempre indotto una certa ripugnanza. Sono considerati i serbatoi del Coronavirus nell’aumento della variabilità genetica. Il passaggio di genere dal volatile all’uomo ha causato la pandemia. Jonathan reputa che la natura se ne sia servita per non soccombere dinanzi alle nefandezze umane. Che cos’è in fondo il Covid 19, se non il meccanismo di difesa del pianeta contro gli abusi umani, ormai insopportabili? L’eccesso di anidride carbonica immessa sta trasformando l’atmosfera in uno scudo impenetrabile e non lascia passare il calore. L’effetto serra e la pandemia hanno un nesso. È insita nella dissipazione del patrimonio la grande imperfezione umana: il segno di un comando e di un potere sconnesso con l’ambiente, di un sopruso pericoloso, invasivo. La natura non si può controllare, non si piega ad un accidentale fenomeno, ad una pratica sbagliata, ad una battaglia involutiva, di retroguardia. Il carico della terra rompe un equilibrio: è l’immagine di una cosa che si riequilibra per giustezza, per una spinta che guida le particelle dell’universo e il sistema solare. Le leggi della fisica conservano una tale esplosività che nessun uomo può annientarle.

Jonathan ha in testa la sua concezione mitica, arcaica, che gli studi di antropologia culturale gli hanno sollecitato. Sin da ragazzo leggeva Prometeo, il simbolo della lotta contro le ingiustizie per la libertà della natura. Era persuaso dalle previsioni dei medium, di coloro che intravedono il futuro nell’energia dell’“amor che move il sole e l’altre stelle”, per dirla con Dante e con l’ultimo verso del Paradiso della Divina Commedia. Amore, quindi, come raccordo celeste, unità, intesa, concordia.

Il Coronavirus non è una punizione divina, ma l’espressione del pianeta terra. Una risposta secca, rigida. Una prospettiva per ristabilire l’ordine violato a partire dall’inquinamento del suolo e delle acque per uno scopo produttivo che ha aumentato eccezionalmente rifiuti, scarichi, infezioni, batteri. Le stesse onde elettromagnetiche invadono il pianeta con frequenze negative sul nostro sistema immunitario.

Jonathan, il lunedì mattina, si collega con i suoi studenti tramite lo smartphone. Ha assegnato i compiti con il protrarsi della quarantena che costringe tutti a casa. I ragazzi del quinto stanno studiando il Romanticismo, sapendo che salteranno l’esame di Stato secondo il modello consueto e che probabilmente faranno una prova orale da casa. Sturm und drang: la tempesta e l’assalto del virus, non solo del movimento culturale tedesco nato con l’immissione dei sentimenti nella letteratura. Mentre interroga, il professor Jonathan Bassoni pensa ad altro, all’ondata di virus che contagia, che uccide dalla Lombardia al sud dell’Italia. La visione al microscopio del Sars-Cov-2 ricorda una corona ed è ingannevole. Una corona di spine, verrebbe da dire, proprio adesso che è passata la Pasqua e che il virus accenna la sua fase discendente. Un male che non si vede, che suscita vecchi richiami, mutamenti che non sempre aiutano e proteggono i popoli, la civiltà. Il mondo aspetta trepidante il vaccino.

Jonathan non direbbe mai ai suoi studenti che sta leggendo un libro di Helena Petrovna Blavatsky, la sorgente del pensiero occulto moderno che diede origine alla società teosofica, che si rifaceva alle scienze degli antichi popoli e alle facoltà latenti degli uomini che non compiono distinzione di razza, di sesso, di età e di religione. La fratellanza ci unirebbe e ci salverebbe da ogni insidia. Ma Jonathan reputa che l’unità tra la gente sia diventata impraticabile. Dire fratellanza è come non dire nulla, anche se il termine fosse pronunciato da un alto prelato cattolico sull’altare durante la messa della domenica. Chi mai ideerebbe una società dello spirito? E chi può sapere quale fu il cenacolo segreto che svelò il mistero ultimo dell’uomo, il suo fine e la distanza colmabile con i morti? Helena Petrovna Blavatsky morì nel 1891 a causa di un’epidemia influenzale. Ancora un’epidemia, che nel 2020 sembra qualcosa di talmente lontano e indescrivibile, da non esistere più. Eppure viviamo un’ecatombe di altri tempi.

La soluzione contro i mali del secolo, l’indifferenza e l’alienazione, e ora anche contro il Covid 19, consisterebbe in un movimento circolare di solidarietà e fiducia interraziale, oltre che in un vaccino? In un mutamento radicale delle intenzioni umane distribuite tra spazio e tempo, rinunciando ad un imperante progresso meccanicistico, ad una tecnocrazia gelida, che cerca il profitto da raggiungere prima possibile? Eppure la crisi del capitalismo e la fine dell’industria occidentale non hanno prodotto cambiamenti, né nel sistema economico, né in quello politico. Le stesse relazioni interpersonali sono sempre più frigide, impassibili. Nessuno ha imparato la lezione.

“La natura matrigna di Leopardi e il cattolicesimo di Manzoni. Quali eventi hanno influenzato i due esponenti del Romanticismo italiano? Quali opere ce lo fanno capire meglio?”, chiede Jonathan Bassoni ad una studentessa collegata.

“Ci darà il voto professore?”.

“Nessun voto, per ora. Ma dovete essere capaci di articolare un discorso, di argomentare. Forza”.

L’antivirus: potrebbe indicarcelo un medium nella sacralità del mito? Jonathan si distrae, torna ad estraniarsi mentre la ragazza risponde alla sua domanda. Il professore teme di scoprirsi astraente, fuori moda, incomprensibile, perfino folle, se avallasse lo spiritismo e il paranormale, tanto da essere deriso. Ma se la normalità fosse concentrata in ciò che sembra un trucco, un gioco per maghi, una credenza? Padre Pio non era un impostore, e neppure Gustavo Adolf Rol. Avevano compreso tutto, anche il significato dello spirito immortale che è mosso dall’amore, nient’altro che dall’amore. Gesù Cristo non fu uomo d’amore sacrificato per salvarci, morendo al posto nostro?

Dopo l’interrogazione Jonathan apre le pagine del quotidiano che ha acquistato la mattina alle sei all’edicola della stazione, dove lo aspetta Giuseppe, un anziano che cammina instancabilmente anche in questo periodo, nonostante non dovrebbe farlo, stando al decreto governativo appena riconfermato. A quasi ottant’anni non rinuncia ai suoi dieci chilometri giornalieri per dare lubrificazione alle gambe, afferma, altrimenti rischierebbe di non alzarsi più dal letto. Giuseppe non ha paura del Covid 19, perché alla sua età non si può più temere la morte. Dove andrà a finire non lo sa e non gli importa. Crede nella fatalità. Magari si ritroverà in un paradiso celestiale, o nell’abisso, nel buio dei ciechi senza saperlo. Tira a campare. Prosegue questo anomalo aprile con i suoi rituali protratti dal lunedì alla domenica: alle tre del mattino è già in piedi e ascolta la radio facendo la conta dei morti di Coronavirus, dei malati e dei guariti. Fa le parole crociate e poi esce infilando il giaccone invernale. Dopo il giro largo della piazza centrale, si inoltra nel giardino comunale e alla stazione aspetta il furgone dei giornali che arriva da Ancona a tutta velocità. A pranzo si cucina la pasta integrale e mangia i soliti pomodorini con un filo d’olio, rigorosamente senza sale. Due volte la settimana un filetto di maiale ben cotto. Giuseppe ha ottant’anni, ma un fisico asciutto. Nella sua vita non ha mai contratto un’influenza e non sa cosa sia la febbre.

I morti per l’epidemia da Coronavirus nel nostro paese hanno superato le 20.000 unità proprio il giorno successivo alla Pasqua. Mentre Donald Trump starebbe valutando la riapertura delle attività per non tenere ferma l’economia, l’epidemia avanza con un incremento dei casi e il superamento del milione di contagi in tutto il mondo. Jonathan, appena posato il quotidiano sul tavolo della sala, si lava le mani con l’alcool, pulisce le superfici della sua stanza da letto con un piumino da spolvero, passa uno straccio bagnato sul pavimento e con un panno di daino toglie i pulviscoli dal computer e dal tavolo di lavoro dove sono ammassati i libri e i quaderni degli appunti. Beve acqua minerale direttamente dalla bottiglia. Ha appena letto che il primo vaccino contro il Covid 19 sarebbe in fase di sperimentazione a Padova, prodotto da una ditta italiana. Potrebbe essere disponibile già a settembre. Il primo lotto partirà da Pomezia per l’Inghilterra dove inizieranno i test su 550 volontari. Jonathan sa che il vaccino non può essere risolutivo come le stesse medicine, come ogni soluzione scientifica adottata nei laboratori chimici, se non cambieremo stile di vita. Il senso profondo della forza spirituale che non vediamo e non tocchiamo con mano, se non arriverà all’essere umano e non costituirà un principio saldo, inviolabile come le regole di questi giorni, potrebbe decretare, viceversa, la fine della terra con un secondo Big Bang, con un’accelerazione di particelle nucleari e uno scoppio improvviso. Una nucleo-sintesi primordiale e un’espansione di dimensioni impensabili rovesceranno le sorti del mondo? In pochi resisterebbero e avrebbero il dovere di ricostruire il pianeta con modalità differenti, ricominciando dalla primitività, da un contatto diretto con la natura, rispettata e non sfruttata, da uno sviluppo crescente dell’agricoltura, da un consumo maggiore e salutare di zucca, mais e altri alimenti ricchi di carboidrati, come le patate, i fagioli e le arachidi. Quindi si coltiverebbero di più la carota, il radicchio, il ravanello, il cavolfiore. Si utilizzerebbero solo fertilizzanti naturali e antiparassitari non di origine chimica. Gli animali sarebbero allevati con i mangimi ottenuti dall’agricoltura biologica. Non esisterebbero più confini delimitati da una geografia politica, ma un’intensa comunione per un cammino lento, sostenibile, influenzato dalle buone relazioni e da governi democratici. Migliorerebbe il clima e l’effetto serra avrebbe un altro impatto. La terra guarirebbe.

Jonathan sente uno scricchiolio provenire dalla camera da letto dei suoi genitori. Suo padre è morto da poco più di un anno. Giurerebbe di aver visto un’ombra muoversi e provocare una folata di vento, appena avvicinatosi. Teme il terremoto, ma la casa è stabile e non succede nulla. Esiste un varco con l’aldilà, una manifestazione di contatto, una porta che si apre in un regno che non conosciamo affatto? Suo padre ha voluto dirgli che la terra è in pericolo, mai come questa volta? O Helena Petrovna Blavatsky ha approvato il suo sentire, la sua lettura di un’opera ormai introvabile in commercio, avuta da uno strano ex frate di Norcia? Da dove proveniva lo scricchiolio? Da un armadio, da una parete, da un quadro, dal letto? Di notte Jonathan ha l’impressione di sentire uno scampanellio e delle voci attutite. Una visionaria percezione che lo avvertirebbe di qualche indizio extrasensoriale? Il rischio è di convincersi dell’inverosimile.

Ma cosa diceva Helena Petrovna Blavatsky? “Sii perseverante come chi dura in eterno. Le tue ombre vivono e svaniscono, perché la conoscenza non è della vita fuggevole. Sei l’uomo che era, che è e che sarà, l’ora del quale non suonerà mai. Accetta i dolori della nascita”. La via fuggevole e un’altra vita. Quale? Quella che fa dell’universo una coscienza insita nell’uomo e negli spiriti della natura che non sono materia ma energia, energia allo stato puro? Jonathan si convince che il vaccino sarà un’esperienza non solo fisica, composta di leggi che ci governano nel visibile e che scompaiono improvvisamente, a nostra insaputa. C’è qualcosa di più del desiderio umano, una realtà più grande, libera dal giudizio. Il futuro oscuro e incerto si combatte con una promessa di fedeltà all’uomo, alla terra, all’ambiente. Come? Non accendendo fuochi, non recando danno alle piantagioni, non dando la caccia agli animali protetti, concedendo più spazi alla vegetazione che neutralizza lo smog, non utilizzando biossido di zolfo, ossidi di azoto, monossido di carbonio, ozono e polveri sottili.

Suona il telefono. È Gerardo, l’ex frate di Norcia che non crede più ad una sola religione, ma ad uno spiritualismo ancestrale.

Ho sentito scricchiolare nella stanza dei miei genitori.

Anch’io, nella mia soffitta.

Telepatia?

Ho visto un’ombra.

Anch’io, sembrava camminare.

Succede.

Che cosa succede?

Che qualcuno ci parli.

Lo chiamo antivirus.

Una strana sincronia, un’esperienza che ci accomuna.

È sufficiente non commettere scorrettezze, inganni, barbarie per vivere serenamente, nel tempo, nello spazio, tra i propri simili e nella natura?

La natura è sempre superiore alla storia. La storia è un’avventura, un insieme di guerre, di genocidi, di supremazie che finiscono, che si avvicendano. Un’ingorda tentazione, come quella di Adamo ed Eva.

Quando finirà la pandemia?

Quando bene e male non si mescoleranno più insensibilmente. La pandemia non è solo del Covid 19. Finirà quando non saremo più in attrito con noi stessi, con il vicino di casa, con il collega d’ufficio, con il coniuge. Un impegno in grado di far parlare la geologia e l’ecologia, l’idrologia e la glaciologia, l’economica e la sociologia, di valutare le azioni della diplomazia, dei governi internazionali. Se domani il virus cessasse di contagiare, saremmo felici? No, non lo saremmo affatto. Egoismo e divisione alimentano una frustrazione costante. Lo ha detto anche Papa Bergoglio con un tono sussurrato. Basta la forza dell’avvertimento, il soffio delle parole perché non vincano la paura e la morte. Il primo capitale è quello umano.

Ci riusciremo?

È la partita più difficile del terzo millennio.

Alessandro Moscè

*In copertina: la teosofa Helena Blavatsky (1831-1891)

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