31 Dicembre 2018

50 anni senza Jack Kerouac! Ipotesi per un Dizionario Kerouachiano. Parte prima: dalla A di Alcol alla L di Lowell

A cinquant’anni dalla pubblicazione di Satori a Parigi, resoconto del viaggi in Francia di Jack Kerouac, a trenta dalla traduzione edita da Mondadori, e per ricordarsi anche che l’anno che viene segnerà il cinquantennale della morte del grande romanziere d’origine quebecuoise, tanto famoso quanto male incasellato autore di Sulla strada, I sotterranei, Big Sur, Il dottor Sax, Angeli di desolazione, Visioni di Gerard e di versi come quelli di Mexico City Blues, un abbozzo di dizionario, una ventina di spunti per riscoprirlo.

KerouacUna sincopata esplorazione di temi standard su cui è bene tornare, aspetti più o meno noti di un autore vittima dei cliché ideologici imposti dalla sua prima, pur meritoria, promotrice, Fernanda Pivano, e dallo spirito del tempo, degli anni che certo incarnò ma da cui volle anche prendere risolutamente le distanze, e in cui scrisse, fu letto e si appropriarono della sua poesia, delle sue visioni, fino a farne un santino hippie, sinistrorso, rivoluzionario, progressista. Una cantonata.

Non che ne sia stata l’unica vittima. La lista è lunghissima e prestigiosa. Tra gli altri Hemingway e Chatwin. E un altro beat, William Burroughs, di cui Kerouac scrive che: “aveva un debole sentimentale per l’America dei vecchi tempi, soprattutto degli anni Dieci, quando […] il Paese era selvaggio, rissoso e libero, libertà di ogni genere in abbondanza per tutti. La cosa che odiava di più era la burocrazia di Washington; subito dopo venivano i progressisti; poi i poliziotti.”

Kerouac non solo generazionale ma anche eterno. Kerouac non solo stelle e strisce ma anche francese. Kerouac non solo beat ma anche proustiano. Kerouac non solo nomadista ma anche sedentario. Kerouac non solo droghe e alcol ma anche cattolico. Kerouac non solo scrittore ma anche pittore. Kerouac non solo celibe in macchina sulle strade d’America. Kerouac anche a scrivere nella casa di sua madre. Kerouac anche alla ricerca del padre nelle chiese di Francia. Kerouac da rileggere, riscoprire e ridefinire, dalla A alla Z…

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Dizionario Kerouachiano (parte prima):

Alcol – La ricerca di paradisi visionari per via artificiale finì male per Jack. La prossimità con la madre, a sua volta alcolista, non gli fu d’aiuto. Ciò non toglie che pagine apocalittiche come ultime di Big Sur non possono esser lette solo come un episodio di delirio alcolico. Lo attestano le immagini, simili ma ben più lucide, de Il dottor Sax. Si tratta di testimonianze di visioni che sono pari a quelle di Dostoevskij, l’epilettico… Che ne L’eterno marito scriveva: “Uno beve la propria tristezza e quasi se ne ubriaca”. Nel caso di Jack si tolga il quasi. Tra Parigi e la Bretagna, cognac. Proprio in Satori a Parigi scrive: “E io, a volte detestabile, so essere dolce. Invecchiando divenni un ubriacone. Perché? Perché amo l’estasi della mente. / Sono un Disastro. / Ma amo l’amore”.

Beato – Kerouac era un beat. Anzi inventò il beat. Da non confondere con beatnick, illegittima appropriazione da parte di gruppetti hippie di una parola che il romanziere aveva radici antiche, medievali, chiaramente cristiane, nella “beatitudine”. Quella dei santi cattolici. Non dei guru New Age…

Cattolicesimo – Tutta la vita, l’opera, le idee, le radici, le ricerche, le visioni di Kerouac sono profondamente permeate dal Cattolicesimo dei padri, a tratti sincreticamente fuso con meditazioni, affermazioni, letture, episodi legati alle discipline d’Oriente, zigzag attorno alla linea cui fu sempre fedele.

Droga – Morfina, anfetamine, marijuana, funghi allucinogeni. Oltre a bere, Kerouac provò molte sostanze tossiche. Passò d’altronde gran parte della vita con dei drogati. Fu una delle ragioni delle sue crisi e della sua morte. Lui che a destra seppe farsi soltanto acerrimi nemici. (Verso la fine della sua vita, in uno show televisivo raccontò ridendo d’essere appena stato fermato da dei poliziotti per decay e vale a dire “decadenza”). Lui che non ebbe remore a dirsi avverso alla sinistra. (Altro aneddoto, negli Cinquanta si divertì a guardare in televisione la “caccia alle streghe” fumando marijuana e tifando per il senatore Joe McCarthy). Lui che, come molti cattolici, rimane inclassificabile.

Europa – Viaggiando sulle strade degli Stati Uniti: “Dobbiamo andare e non fermarci finché non siamo arrivati” – “Dove andiamo?”
– “Non lo so, ma dobbiamo andare”. Così in Sulla strada. E in Satori a Parigi: “Insomma stavo cercando di scoprire qualcosa della mia famiglia, io fui il primo Lebris de Kérouack che mai tornò in Francia in 210 anni e meditavo di andare in Bretagna e poi in Cornovaglia Inghilterra”. (Pierre Drieu La Rochelle in una recensione ad Addio alle armi di Hemingway, tradotta ne L’eroe da romanzo, parla di “dolente bisogno dell’Europa”).

Francia e Francofonia – La Francia, e più precisamente Bretagna e Normandia, era la terra d’origine degli antenati di Jack, il cui vero nome era d’altronde Jean Louis, e Kirouac il cognome originario, modificato dal nonno Jean Baptiste quando sbarcò nel “Nuovo Mondo”. La lingua madre di Kerouac non era dunque affatto l’inglese americano bensì il francese dei canadesi spregiativamente detti canuck, ovvero francofoni del Quebec. Il soprannome che si dette, “’Ti Jean”, è poi la forma contratta di “Petit Jean”, Piccolo Jean. Anche la parola beat è meglio comprensibile se si pensa alla sua versione francofona, béat. Jack era solito chiamare in francese, mémêre, ovvero mammina, la madre Gabrielle Ange. Tra i francofoni che ha letto, Pascal, Voltaire, Balzac, Chateaubriand, Céline, Montherlant. La sua prima raccolta di versi, ancora inedita, l’ha scritta in francese, in contemporanea a Sulla strada, e s’intitola La Nuit est ma femme [La notte è la mia donna]… In Satori a Parigi afferma che il suo nome originale sarebbe Jean Louis Lebris de Kérouac, e di recarsi in Francia proprio per trovare, senza riuscirci, né alla Nationale né alla Mazarine, delle prove a questo proposito (“Sicuramente de Kérouack dovrebbe esistere in Francia visto che è registrato nel British Museum di Londra”) e in particolare del fatto di essere un discendente dai principi di Bretagna e di un ufficiale di stanza a Montcalm, Quebec, a metà Ottocento.

KerouacGerard, Gatti e Gargolle – Visioni di Gerard, l’esile romanzo dedicato alla figura del fratello maggiore morto a soli quattro anni, è assieme a Pic uno dei libri più struggenti e misconosciuti delle lettere nordamericane. Appunti a riguardo: – La visione compassionevole di Kerouac verso il mondo e le creature ha accenti francescani. – La compassione di Kerouac è inscindibilmente connessa a un profondo senso di malinconia. – L’amore dello scrittore è universale, nei confronti del fratello come dei gatti, e su tutti Tyke. – I più grandi autori moderni sono stati fotografati con gatti, quando non ne hanno pure scritto. – Ricordarsi di Poe e Baudelaire, Twain e Lovecraft, Eliot e Neruda, Drieu e Céline, Nimier e Bukowski, Kerouac e Burroughs. – Necessario sarebbe un fotoritratto di ogni grande scrittore moderno in contemplazione delle gargouille delle cattedrali francesi. Tra gatti e gargolle: – Leggendo di Gerard si ha l’impressione che il romanziere più che un gatto tra le braccia abbia una gargolla distesa sul ventre, a fargli vibrare di fusa il ventre, a piantargli gli artigli nel cuore.

Holmes, Hipster, Huncke – John Cellion Holmes, poeta e docente universitario americano, considerato uno degli iniziatori del genere Beat (con Go e con l’articolo This is Beat Generation, entrambi del 1952), in un saggio intitolato The Name of the Game sottolinea la grande capacità che Kerouac ebbe di descrivere lo stato mentale dei giovani hipster (nulla a che vedere con gli ininteressanti hipster degli anni Duemila), che come lui camminavano lungo le strade di New York, “guardinghi, come dei gatti, rasenti ai palazzi, nella strada ma non della strada”. Un po’ dei Gesù Cristi. Cf. Giovanni 15,15-19. Nel suo articolo Holmes attribuiva la paternità del nome Beat allo stesso Kerouac, il quale l’attribuì invece a Herbert Huncke… Altro figlio del Massachussets trasferitosi a New York, dove alla Columbia University incontrò Kerouac, Burroughs e Ginsberg.

Icone – Grande appassionato d’arte, lo scrittore studiò tanto la pittura degli informali newyorkesi quanto l’arte europea dei secoli passati. Di suo realizzò, in forme tra l’astratto e il figurativo, una serie di ritratti di personaggi famosi, da Joan Crawford a Truman Capote. Negli ultimi anni della sua vita si dedicò in particolare a ritrarre uomini di Chiesa, tra i quali anche il cardinal Montini, Paolo VI. Sue opere sono state esposte presso il Museo d’Arte di Gallarate, in provincia di Milano, in occasione della mostra Beat Painting.

Lowell – Leggere Il dottor Sax: Kerouac lo considerava il suo miglior romanzo. Questo è il suo incipit: “L’altra notte ho sognato che mi trovavo seduto sul marciapiede di Moody Street, Pawtucketville, Lowell, Massachusetts, con carta e matita in mano e mi dicevo: ‘Descrivi l’asfalto grinzoso di questo marciapiede, e anche i paletti di ferro dell’Istituto Tessile, oppure il portone dove Lousy e tu e G. J. vi mettete sempre a sedere, e non soffermarti a pensare alle parole quando ti fermi, soffermati solo per immaginare meglio la scena – e lascia vagare libera la mente in questa storia’”. Guardare in rete qualche fotografia della cittadina in cui Jack nacque e visse tutta la sua infanzia. (I fiumi, il canale, gli alberi, i ponti, le strade, gli edifici di mattoni rossi, la neve). Sognare della propria. A Lowell è ambientato anche il romanzo Maggie Cassidy, che dà conto della partenza dalla città. (Sempre a Lowell sono nati anche l’attrice Bette Davis e lo scrittore Tom Sexton).

Marco Settimini

*continua

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